In realtà il 2020 ha dimostrato che l’umanità non è impotente di fronte alla pandemia, in quanto le pandemie non sono più forze naturali incontrollabili. La scienza ha vinto in quanto le ha trasformate in sfide gestibili. A fine 2019 i dottori hanno segnalato e lanciato l’allarme sulla nuova epidemia. I politici lo hanno sottovalutato! A gennaio 2020 gli scienziati non solo avevano isolato il virus, avevano sequenziato il genoma e avevano pubblicato le informazioni online. In meno di un anno sono stati prodotti in massa diversi vaccini efficaci. La Scienza Umana ha vinto.
In questo anno di pandemia è risultato evidente che ha vinto
anche la tecnologia. In primo luogo la sorveglianza digitale ha reso molto più
facile monitorare ed individuare i vettori della malattia, ha reso possibile
una quarantena più selettiva e più efficace, ma soprattutto automazione e
internet hanno reso praticabili soprattutto nei paesi ricchi i lockdown
prolungati. Il lavoro agricolo e manifatturiero nel ultimo anno non si sono
fermati in quanto è oggi praticata prevalentemente da macchine. La logistica è stata
garantita da sistemi automatizzati di trasporto e l’ultimo miglio è stato garantito
da un sistema di corrieri, fattorini e rider sul territorio, il tutto coordinato
e reso possibile da internet. Nel 2020 l’economia mondiale non è andata in
lockdown e in altre parole ha potuto continuare in quanto i prodotti
industriali e agricoli erano fatti / gestiti da macchine ed il commercio globale
ha continuato a funzionare perché coinvolgeva pochissimi essere umani.
L’automazione e la digitalizzazione hanno avuto un impatto
ancora maggiore sui servizi. Oggi molti di noi abitano due mondi, quello fisico
e quello digitale / virtuale. Quando il coronavirus è circolato nel mondo
fisico, la maggior parte delle persone hanno spostato gran parte della loro
vita in quello virtuale e e-commerce / corrieri / fattorini / rider sono
diventati per molti il filo rosso che ci ha mantenuti collegati con il mondo
fisico. Nel 2020 aziende, scuole, chiese si sono spostati online e internet non
solo ha retto il colpo, ma in sostanza ha vinto! Noi oggi sappiamo che anche un
paese completamente bloccato con Internet va avanti!
L’anno del Covid ha però decretato la sconfitta della
politica o meglio delle aspettative che abbiamo oggi nei confronti della politica. Non
esiste un metodo scientifico per capire quali sono i valori più importanti, per
decidere cosa fare, quando si deve decidere se imporre un lockdown, non basta
capire quante persone si ammaleranno, quante persone cadranno in depressione,
quanti studenti perderanno la scuola in presenza o persone perderanno il lavoro, quante
persone entreranno in conflitto con i loro conviventi e tutto ciò che questo significherà per la nostra psiche e società. Chi decide che cosa
conta di più? Questo è stato il compito dei politici più che degli scienziati.
Sono loro che devono bilanciare tutte queste considerazioni sanitarie,
economiche e sociali per elaborare una politica complessiva e per poterlo fare
è diventata più legittima, più comune ed applicato il controllo di massa sia
esso digitale o fisico che sia. Personalmente considero la conseguente perdita
di libertà una prima sconfitta dei politici che invece dovrebbero tutelare la
privacy e la libertà dei loro cittadini.
In secondo luogo è mancata una leadership, ma soprattutto
ancora manca una cooperazione globale. La comunicazione ha permesso a tutti di
vedere in tempo reale la diffusione del virus, è mancata completamente una
linea globale. Gli scienziati per raggiungere il vaccino hanno condiviso i
risultati. I politici non solo non sono riusciti a formare un’alleanza
internazionale, accordarsi su un piano globale, hanno invece dato spazio ad accuse,
manipolazione dei dati, fake news e guerre di propaganda! Non sono mancati momenti
cooperazione, non è stato neanche tentato di mettere in comune le risorse disponibili
volta a garantire un’equa distribuzione delle forniture.
I presidenti USA e Brasile hanno minimizzato il pericolo, si
sono rifiutati di ascoltare gli esperti, non hanno fatto un piano di azione
nazionale e hanno favorito la diffusione del contagio. Nel Regno Unito hanno
dato priorità alle problematiche collegate alla Brexit. Israele malgrado fosse
un paese insulare non ha imposto controlli e quarantene contenitive e oggi Usa,
Israele e Uk a causa degli errori commessi sono in prima linea con vaccinazioni
di massa. Molti paesi insulari, ad es.
Australia, Nuova Zelanda e Mauritius, hanno puntato a bloccare la diffusione
del virus chiudendo confini e gli scambi, determinando effetti economici molto
più consistenti. Molti paesi tra cui l’Italia hanno applicato lockdown
generalizzati determinando una contrazione dei consumi senza precedenti. La
sintesi è molto semplice, da un lato nessuna di queste scelte ha soddisfatto la
base sociale degli stati di riferimento e il mondo si è sostanzialmente spaccato
in doversi polarismi strategici su come affrontare la pandemia.
A questa situazione oggi tutti noi siamo messi di fronte a
due fenomeni.
Il primo è che mentre gli scienziati creavano i vaccini,
condividevano informazioni e arrivavano i risultati, la maggior parte dei
governi, probabilmente troppo concentrati ad affrontare le problematiche
quotidiane di tutta questa situazione, non stava pianificando logisticamente le
vaccinazioni di massa. Solo ora ad esempio in Italia stiamo facendo accordi,
individuando spazi e iniziando a in sostanza a pensare come realizzare quella
che tutti sono convinti che possa essere l’unica soluzione per uscire da questa
emergenza.
Il secondo che oggi ennesima sconfitta della politica a
favore della scienza, contrariamente a ogni logica globale, stiamo vivendo addirittura
un nazionalismo vaccinale, come se questo potesse essere una sorta di vantaggio
competitivo quando è scientificamente evidente che trattandosi di una pandemia,
fino a che il virus continuerà a diffondersi, nessuno sarà al sicuro in quanto
le varianti e nuove mutazioni del virus potrebbero rendere il vaccino completamente
inefficace e quindi provocare una nuova ondata dei contagi.
Bibliografica : Yuval Noah Harari