Obiettivi, Valori e Ideali per un Turismo Migliore in Italia

Obiettivi e Valori di Tourism4Italy

 L'intento di questa lista di obiettivi e valori strategici è migliorare il settore turistico italiano. Il motivo per cui li pubblico e ...

lunedì 15 marzo 2021

Un anno di pandemia! Sconfitta della politica e vittoria schiacciante per scienza, tecnologia e automazione!

 In realtà il 2020 ha dimostrato che l’umanità non è impotente di fronte alla pandemia, in quanto le pandemie non sono più forze naturali incontrollabili. La scienza ha vinto in quanto le ha trasformate in sfide gestibili. A fine 2019 i dottori hanno segnalato e lanciato l’allarme sulla nuova epidemia. I politici lo hanno sottovalutato! A gennaio 2020 gli scienziati non solo avevano isolato il virus, avevano sequenziato il genoma e avevano pubblicato le informazioni online. In meno di un anno sono stati prodotti in massa diversi vaccini efficaci. La Scienza Umana ha vinto.



In questo anno di pandemia è risultato evidente che ha vinto anche la tecnologia. In primo luogo la sorveglianza digitale ha reso molto più facile monitorare ed individuare i vettori della malattia, ha reso possibile una quarantena più selettiva e più efficace, ma soprattutto automazione e internet hanno reso praticabili soprattutto nei paesi ricchi i lockdown prolungati. Il lavoro agricolo e manifatturiero nel ultimo anno non si sono fermati in quanto è oggi praticata prevalentemente da macchine. La logistica è stata garantita da sistemi automatizzati di trasporto e l’ultimo miglio è stato garantito da un sistema di corrieri, fattorini e rider sul territorio, il tutto coordinato e reso possibile da internet. Nel 2020 l’economia mondiale non è andata in lockdown e in altre parole ha potuto continuare in quanto i prodotti industriali e agricoli erano fatti / gestiti da macchine ed il commercio globale ha continuato a funzionare perché coinvolgeva pochissimi essere umani. 

L’automazione e la digitalizzazione hanno avuto un impatto ancora maggiore sui servizi. Oggi molti di noi abitano due mondi, quello fisico e quello digitale / virtuale. Quando il coronavirus è circolato nel mondo fisico, la maggior parte delle persone hanno spostato gran parte della loro vita in quello virtuale e e-commerce / corrieri / fattorini / rider sono diventati per molti il filo rosso che ci ha mantenuti collegati con il mondo fisico. Nel 2020 aziende, scuole, chiese si sono spostati online e internet non solo ha retto il colpo, ma in sostanza ha vinto! Noi oggi sappiamo che anche un paese completamente bloccato con Internet va avanti!



L’anno del Covid ha però decretato la sconfitta della politica o meglio delle aspettative che abbiamo oggi nei confronti della politica. Non esiste un metodo scientifico per capire quali sono i valori più importanti, per decidere cosa fare, quando si deve decidere se imporre un lockdown, non basta capire quante persone si ammaleranno, quante persone cadranno in depressione, quanti studenti perderanno la scuola in presenza o persone perderanno il lavoro, quante persone entreranno in conflitto con i loro conviventi e tutto ciò che questo significherà per la nostra psiche e società. Chi decide che cosa conta di più? Questo è stato il compito dei politici più che degli scienziati. Sono loro che devono bilanciare tutte queste considerazioni sanitarie, economiche e sociali per elaborare una politica complessiva e per poterlo fare è diventata più legittima, più comune ed applicato il controllo di massa sia esso digitale o fisico che sia. Personalmente considero la conseguente perdita di libertà una prima sconfitta dei politici che invece dovrebbero tutelare la privacy e la libertà dei loro cittadini.

In secondo luogo è mancata una leadership, ma soprattutto ancora manca una cooperazione globale. La comunicazione ha permesso a tutti di vedere in tempo reale la diffusione del virus, è mancata completamente una linea globale. Gli scienziati per raggiungere il vaccino hanno condiviso i risultati. I politici non solo non sono riusciti a formare un’alleanza internazionale, accordarsi su un piano globale, hanno invece dato spazio ad accuse, manipolazione dei dati, fake news e guerre di propaganda! Non sono mancati momenti cooperazione, non è stato neanche tentato di mettere in comune le risorse disponibili volta a garantire un’equa distribuzione delle forniture.

I presidenti USA e Brasile hanno minimizzato il pericolo, si sono rifiutati di ascoltare gli esperti, non hanno fatto un piano di azione nazionale e hanno favorito la diffusione del contagio. Nel Regno Unito hanno dato priorità alle problematiche collegate alla Brexit. Israele malgrado fosse un paese insulare non ha imposto controlli e quarantene contenitive e oggi Usa, Israele e Uk a causa degli errori commessi sono in prima linea con vaccinazioni di massa.  Molti paesi insulari, ad es. Australia, Nuova Zelanda e Mauritius, hanno puntato a bloccare la diffusione del virus chiudendo confini e gli scambi, determinando effetti economici molto più consistenti. Molti paesi tra cui l’Italia hanno applicato lockdown generalizzati determinando una contrazione dei consumi senza precedenti. La sintesi è molto semplice, da un lato nessuna di queste scelte ha soddisfatto la base sociale degli stati di riferimento e il mondo si è sostanzialmente spaccato in doversi polarismi strategici su come affrontare la pandemia.

A questa situazione oggi tutti noi siamo messi di fronte a due fenomeni.



Il primo è che mentre gli scienziati creavano i vaccini, condividevano informazioni e arrivavano i risultati, la maggior parte dei governi, probabilmente troppo concentrati ad affrontare le problematiche quotidiane di tutta questa situazione, non stava pianificando logisticamente le vaccinazioni di massa. Solo ora ad esempio in Italia stiamo facendo accordi, individuando spazi e iniziando a in sostanza a pensare come realizzare quella che tutti sono convinti che possa essere l’unica soluzione per uscire da questa emergenza.   

Il secondo che oggi ennesima sconfitta della politica a favore della scienza, contrariamente a ogni logica globale, stiamo vivendo addirittura un nazionalismo vaccinale, come se questo potesse essere una sorta di vantaggio competitivo quando è scientificamente evidente che trattandosi di una pandemia, fino a che il virus continuerà a diffondersi, nessuno sarà al sicuro in quanto le varianti e nuove mutazioni del virus potrebbero rendere il vaccino completamente inefficace e quindi provocare una nuova ondata dei contagi.   

Bibliografica : Yuval Noah Harari 

martedì 5 gennaio 2021

Vaccinazione, immunità di gregge e tempi per il ritorno alla normalità

 Questo post ha molti intenti. In primo luogo dare un’idea dei tempi in cui si dovrebbe tornare alla normalità (fatto organizzativamente imprescindibile per il settore turistico), in secondo luogo trasmettere il concetto che ogni vaccino riusciremo a fare giorno per giorno in più è uno sforzo che potrebbe farci raggiungere prima la normalità e tutto ciò dovrebbe essere la priorità di tutta l'Italia. 

“L'immunità di gregge è un concetto che ha una solida base scientifica e fondamentalmente vuol dire avere un numero di persone immuni ad un'infezione sufficienti da garantire che una persona infetta non riesca a contagiarne altre. Dall'R0, ovvero dalla capacità del virus di diffondersi, dipende quante persone dovremmo vaccinare per avere l'immunità di gruppo. Nel caso del nuovo coronavirus si calcola come indice di sicurezza il 70% della popolazione. In Italia significa circa 40 milioni di persone", spiega poi all'Adnkronos Salute Giovanni Maga, direttore del laboratorio di virologia molecolare presso l'Istituto di genetica molecolare del Cnr di Pavia.(ADNKRONOS)


Io non sono un virologo, ma per tentare di capire cosa succederà da sempre faccio proiezioni con i numeri. Questa mattina ho fatto quindi un esercizio matematico. Ho ipotizzato pertanto diversi numeri di vaccini giornalieri, partendo da 50 mila (sabato, domeniche e ferie comprese) ed arrivando a 250 mila vaccini giornalieri e ho capito una cosa importante.  




Se in Italia riuscissimo a fare 50 mila vaccini ogni giorno (media da cui siamo purtroppo molto lontani in questi primi 10 giorni) raggiungeremo la copertura della popolazione italiana a marzo 2024. L’immunità di gregge (40 milioni di persone – 70% della popolazione) invece a febbraio 2023. Ciò significa che giugno ‘21 saremo al 17,5% … settembre ‘21 al 25% … dicembre ’21 al 32,5% … a giugno ’22 al 47,50%, a settembre ’22 al 55% e dicembre ’22 al 62,50%.



Ho deciso quindi di essere progressivamente più ottimista, aggiungendo ai 50k originali progressivamente 25k e facendo le medesime proiezioni e sono arrivato alle seguenti conclusioni matematiche.

Per arrivare a una copertura vaccinale della popolazione entro il 2021 dovremo fare 150k vaccinazioni ogni giorno (sabato, domeniche e ferie comprese), ciò ci permetterebbe di raggiungere l’immunità di gregge ad inizio settembre 2021 … non raggiungendo fino a quella data la normalità a cui tutti auspichiamo.


Per raggiungere un’immunità di gregge prima di giugno 2021 (fatto imprescindibile per il nostro settore) i vaccini giornalieri (sabati, domeniche e ferie comprese) dovrebbero 200k (stiamo parlando dei vaccini dichiarati in Italia nei primi 10 giorni a partire dal tanto pubblicizzato V-day del 27 dicembre). Questa cifra ci permetterebbe inoltre di raggiungere a settembre 2021 la copertura della popolazione italiana.

L’ideale sarebbe però un ritorno alla normalità prima ancora (non è proibito sognare) e quindi ho fatto le proiezioni anche con i 250k vaccini al giorno (sabati e domeniche comprese) a metà maggio 2021 immunità di gregge e a luglio 2021 la copertura della popolazione.


Impossibile direte Voi … probabilmente si, sicuramente tutto ciò richiederebbe un impegno organizzativo senza precedenti. Oggi è il 5 gennaio e sappiamo che in Israele (1.220.000 (14,4% popolazione) vaccini dal 20 dicembre sono stati fatti e sono oggi a una media di 130k), USA hanno superato la media dei 300k giornalieri e che in molti altri paesi (China, UAE, Russia, Germania) stanno andando molto più veloci di noi.  

Globalizzazione, Connettività e Turismo

 Il mondo tende alla globalizzazione da sempre. Partendo da Alessandro Magno, passando per l’impero romano, la dinastia Song, i mongoli, i turcomani, i califfati arabi, gli imperi coloniali e la pax americana la tendenza storica è questa. La globalizzazione oggi sta favorendo un mondo multipolare di tante civiltà in cui continenti e regioni consolidano la propria coesione interna estendendo i propri legami esterni tramite la connettività e il commercio. L’egemonia è un concetto anacronistico in geopolitica, la guerra è sempre di più considerato un rapporto somma zero che penalizza la ricchezza e pertanto il benessere degli esseri umani.


Avere poco commercio è un problema molto peggiore di avere un commercio ingiusto, avere pochi accessi a Internet è un problema molto peggiore del digital divide, avere poca creazione di ricchezza è un problema molto peggiore delle disuguaglianze, avere pochi raccolti geneticamente modificati è un problema molto peggiore delle multinazionali agricole. Globalizzazione, connettività e commercio hanno portato un benessere mai vissuto prima dall’umanità, hanno migliorato la qualità della vita di miliardi di persone e anche se hanno reso inevitabile l’aumento delle diseguaglianze,  la verità è che oggi la qualità della vita di un povero europeo è molto migliore di un multi-miliardario di due secoli fa.

E’ pertanto vero che tutto ciò porta disuguaglianze e problematiche apparentemente oggi irrisolvibili, è vero che la società italiana è ancora caratterizzata da una staticità sociale che non favorisce il dinamismo, ma è altresì vero che stiamo vedendo la trasformazione di una diseguaglianza “cattiva” in una “buona” che in sostanza motiva e promuove l’impegno volto a migliorare. Questo trend è e sarà attuale fino a quando il nostro paese è e sarà nelle condizioni di competere con gli altri paesi, questa competizione impone infatti il diktat di dover imporre in maniera sempre più strategico i valori meritocratici che globalizzazione e connettività riconoscono come imprescindibili.

La competizione tra paesi nella nostra era non è più basata su egemonia. Non sto negando che terrorismo, invasioni, crisi nucleari e tragiche guerre siano ancora protagoniste della nostra epoca. Oggi però sono poche le società che stanno vivendo ancora questa fase, mentre tutte le società sono coinvolte in una sorta di tiro alla fune globale che si svolge all’intersezione tra geopolitica e geoeconomia, la guerra non è più pertanto bellica, ma basata sul commercio e l’accesso alle supply chain. Non è più quindi basata su conquista di territori, ma su flussi di denaro, beni, risorse, tecnologia, conoscenza, intelligenza e uomini. Tutto ciò è l’oggetto della competizione e l’obiettivo dei singoli paesi è quindi attirare e guadagnare la massima quota di valore dalle loro transazioni e movimenti.

E’ evidente che in un contesto in cui commercio, flussi denaro, connettività sono così strategiche il turismo collegato per sua natura con la movimentazione di persone, merci e denaro, connesso in termini industriali ad aviazione, ferrovie, navigazione e capacità di accoglienza non solo è uno dei settori più strategici su cui investire, ma è imprescindibile per lo sviluppo di quelle connessioni che stanno alla base di queste logiche competitive e non a caso uno dei settori in cui la maggior parte dei paesi stanno investendo maggiormente.    

Bibliografia : Parag Khanna - Connectography - Le mappe del futuro ordine mondiale

lunedì 4 gennaio 2021

Dubai e il ZES “Dubai International Financial Centre”

 Dubai nata sul crocevia tra Oriente -Occidente e tra Nord-Sud,  rivendica oggi il titolo di centro del mondo. Dubai è un esperimento di salto immediato dal feudalesimo alla post-modernità.

Dubai è stata capace di reinventarsi a ogni generazione, muovendosi dalla pesca delle perle al petrolio, poi al trasbordo di merci, e più di recente all’avanguardia nelle infrastrutture, all’immobiliaristica, al turismo e ai servizi, raddoppiando in estensione a ogni passaggio. La sua popolazione è triplicata fra il 1968 e il 1975, raddoppiata tra il 1989 e il 2009 e sta raddoppiando nuovamente tra il 2009 e il 2020. In questa città si amalgamano americani senza più fortuna a Wall Street, europei in cerca di tasse più leggere, africani in fuga da povertà e dittature, indiani, russi e iraniani con valige di soldi, camerieri filippini e imprenditori cinesi.

Dubai non trova la propria virtù nell’eredità culturale bensì in un cosmopolitismo è privo di Stato e in una connettività globale del tutto priva di ostacoli. Essere a Dubai vuol dire essere ovunque. Dubai, in altre parole è la dimostrazione che sono le infrastrutture di livello mondiale a fare la differenza tra l’occupare una posizione geografica conveniente e diventare un hub globale.



Le infrastrutture, la posizione geografica hanno però bisogno di una  gestione illuminata volta ad incentivare e creare le condizioni per le aziende a investire. Un esempio eclatante il ZES finanziario di Dubai. Istituito nel 2004, il Dubai International Financial Centre (DIFC) è un quartiere di Dubai di 110 ettari (ZES : Zona economica Speciale) nonché uno dei maggiori hub finanziari globali dei mercati di Medio Oriente, Africa e Asia sud-orientale.Il DIFC possiede un sistema giudiziario, uno scambio finanziario globale ed un regime fiscale favorevole indipendenti ed autonomi; ospita inoltre numerose aziende finanziarie, tra cui fondi di ricchezza e investitori privati, ma anche diverse multinazionali, esercizi commerciali, bar, ristoranti, spazi residenziali, spazi verdi pubblici, hotel e gallerie d'arte.

Personalmente sono anni (ho vissuto a Dubai nel 2014) che ritengo che per superare il GAP che subiamo in certi settori (soprattutto in ambito digitale) sarebbe importante creare delle zone ZES – Parchi tecnologici / Aree Cluster (sul modello francese e spagnolo) volte in primo luogo ad attrarre investimenti esteri, progetti formativi (scuole-università-master dedicati ed un ambiente attrattivo e le condizioni per la nascita di spin-off e start up italiane realmente competitive sia in termini economici che di competenze. Non entro nei termini degli altri settori, ma in ambito turistico sarebbe oggi a mia opinione imprescindibile per ripartire superando il titanico dislivello che oggi questo settore vive in Italia soprattutto sotto aspetto digitale. So che alcune aree ZES sono state create in Italia, in alcune zone di economia depressa del nostro paese, fatto di per sé positivo, ma a mia opinione strategicamente poco interessante senza le infrastrutture di connettività (treni, aeroporti, autostrade, offerta immobiliare ed infrastrutture digitali) e formazione che queste operazioni in realtà richiedono. A queste condizioni simili ai loro paesi molte OTA, bed bank che operano in ogni caso nel nostro paese, ma senza creare reddito fiscale italiano potrebbero o sarebbero infatti tenute ad aprire sedi italiane ed allo stesso tempo creerebbero l’ambiente per lo sviluppo di spin off, start up e l’indotto economico necessario a creare connettività.  

sabato 26 dicembre 2020

Professionalità turistica : l'esempio della ristorazione

 La professionalità turistica è importante. In questa ricerca di Unioncamere del 2017 risulta evidente che qualunque comparto si tratti in primo luogo c’è storicamente una difficoltà in tutti i comparti nel reperire forza lavoro professionalizzata, in secondo luogo che in tutti i comparti è richiesta un livello di esperienza pregressa che varia dal 52% al 97%.  

Nel turismo circa sei imprese su dieci hanno segnalato seri rischi operativi che mettono in pericolo la loro sopravvivenza nel 2020. E' quanto emerge dalla memoria sul decreto Agosto depositata dall'Istat in commissione Bilancio del Senato. Secondo il documento, nel complesso il 38% delle aziende denuncia situazioni particolarmente difficili, ma la percentuale sale al 57,8% nel settore dell'alloggio e al 66,5% in quello della ristorazione. 

Dati più aggiornati nei primi nove mesi dell’anno, il settore della ristorazione ha cumulato (-23,2% nel 1 trimestre, -64% nel 2 trimestre e - 16,6% nel 3 trimestre)  perdite per oltre 23 miliardi di euro rispetto allo stesso periodo del 2019. Se consideriamo poi che l’attività nel quarto trimestre risulterà pesantemente condizionata dalle ulteriori restrizioni introdotte con gli ultimi DPCM la perdita attesa dei ricavi complessivi del 2020 supererà i 33 miliardi di euro. 


Il food e in particolare la ristorazione in Italia è a tutti gli effetti un’eccellenza. In occasione del WTM 2019 (World Travel Market) ENIT ha pertanto presentato un’analisi di questa eccellenza incrociando le valutazioni  monitorate in TRIPAdvisor, Yelp, The Fork e Google, analizzando 2.340.877 recensioni su quasi 92 mila ristoranti, dando voce a +14milioni di opinioni.



Quest’analisi sulla soddisfazione ha superato una media superiore a +80% degli utenti, sintetizzabile in +4stelle di valutazione.


Questi ottimi risultati sono rappresentati su diverse voci, che considerano certamente la location e fattori estetici, ma che in grandissima parte sono chiaramente legati alla qualità del cibo, del servizio e dell’accoglienza … elementi evidentemente collegati al know how e alla professionalità presenti nei ristoranti.  

I margini della ristorazione sono certamente tra i migliori del settore turistico e pertanto la riserva finanziaria dei ristoratori dovrebbe essere certamente migliore rispetto a quella di altre attività della filiera, ma non domandarsi se queste attività di eccellenza potrebbero resistere fino a un ritorno della normalità che McKinsey prevede si possa realizzare nel 2024 – 2025 sarebbe “superficiale”. E’ pertanto importante capire quale sarà impatto di questa crisi su tutto il personale che permette alla ristorazione italiana di eccellere, cosa faranno cuochi, camerieri, metre e imprenditori durante questa lunghissima crisi e quando questa crisi terminerà questo valore esisterà ancora o sarà annullato dovendo ripartire da zero. Questo è il tema in ambito prettamente turistico.


Dato che è altresì innegabile che detta eccellenza della nostra ristorazione sia il motore che associa il brand Italia al food e pertanto anche alle esportazioni di beni alimentari, in termini generali quale sarà l’impatto di questa crisi della nostra ristorazione sull’esportazione del food Italiano?


 

 



 



Mare Pulito, mantenimento delle coste e Turismo

 Il mare è stato il principale fattore di traino per lo sviluppo del turismo di massa, in particolare nel nostro Paese e in Europa in generale. Oltre ottomila chilometri di coste, un patrimonio materiale e immateriale ineguagliabile, sembrerebbe un mix imbattibile come fattore di richiamo, ma in realtà non è così. Le destinazioni costiere fanno fatica a mantenere il ritmo nazionale di crescita dei flussi e, principalmente, quello degli stranieri stenta a mantenere le posizioni.

Il turismo balneare piace soprattutto agli italiani (61,8%) rispetto agli stranieri (38,2%), percentuali che si invertono, se confrontiamo i dati con quelli del turismo delle città d’arte : analizzando le presenze medie nelle città d’arte, si può vedere come queste si compongano per il 62,3% di stranieri e il 37,7% italiani. Altre regioni costiere europee hanno valori di internazionalità più alti: in Spagna, nelle Baleari, la percentuale media di stranieri che pernottano nelle strutture ricettive è dell’87%, alle Canarie dell’82%, sulle coste dell’ Andalusia è stata del 51%. In Grecia, nelle isole dello Ionio, il tasso di internazionalità è vicino all’84%. Più vicina alle nostre realtà il dato della Provenza dove gli stranieri sono il 42%.

Il turismo costiero e marittimo si basa sulla salute degli ecosistemi marini. La fortuna di una destinazione balneare è direttamente collegata con la pulizia, il mantenimento delle coste e la gestione delle sue spiagge. L’indotto turistico nel nostro paese è in altre parole una leva che mette in primo piano il mantenimento qualitativo delle nostre coste.


La Bandiera Blu è una delle etichette ambientali internazionali più riconosciute, creata appositamente per le spiagge e gli approdi turistici. È un indicatore di performance ambientale (e di qualità nei servizi e nella sicurezza) per le destinazioni turistiche costiere.

Create per monitorare la diffusione nelle località rivierasche di una conduzione sostenibile del territorio, basata su scelte politiche incentrate sull'attenzione e la cura per l'ambiente è una valida etichetta ambientale legata al turismo sostenibile in località turistiche marine e lacustri. L'etichetta è assegnata alle località turistiche balneari che rispettano criteri relativi alla gestione sostenibile del territorio.
Il Programma Bandiera Blu è stato istituito nel 1987, anno europeo dell’ambiente. Le bandiere blu sono assegnate, ogni anno, in 49 Paesi (all’inizio solo europei, recentemente anche extra-europei) dalla FEE (Foundation for Environmental Education), riconosciuta dall’UNESCO come leader mondiale per l’educazione ambientale e l’educazione allo sviluppo sostenibile. 


Le bandiere Blu nelle Regioni Italiane dal 2014 al 2019

I criteri del Programma sono aggiornati periodicamente in modo tale da spingere le amministrazioni locali partecipanti a impegnarsi per risolvere, e migliorare nel tempo, le problematiche relative alla gestione del territorio al fine di una attenta salvaguardia dell’ambiente.



Artigianato e Turismo

 La crisi del settore artigianato nel 2018 ha abbracciato un po’ tutte le regioni italiane a partire da Umbria, Sicilia, Abruzzo e Basilicata che, in quanto a crescita, registrano le cadute maggiori:

  • Basilicata -1,9%
  • Sicilia e Abruzzo -1,7%
  • Umbria -1,6%
  • Veneto, Calabria e Marche -1,3%
  • Valle d’Aosta -1,2%
  • Piemonte -1,1%

Nella media nazionale, invece, Toscana, Molise e Campania, con tasso di crescita pari a -1,3%. Stanno sotto il punto percentuale, invece:

  • Sardegna ed Emilia-Romagna -0,9%
  • Friuli Venezia-Giulia, Puglia, Lazio e Lombardia -0,8%
  • Liguria -0,6%

Unico a registrare un aumento è il Trentino-Alto Adige con lo 0,2%. A livello provinciale, invece, solo tre città presentano una dinamica non negativa nel 2018: Bolzano con lo 0,6% e Imperia con lo 0,5%.

Le previsioni di crescita per l’artigianato italiano, secondo la Commissione europea, sono moderate e oscillano attorno allo 0,2%. Nel 2019 in Italia hanno chiuso +6500 attività artigiane. 

Quante saranno nel 2020?


Molte attività artigianali vivono in simbiosi con il turismo. La produzione artigianale è un vero e proprio fiore all’occhiello italiano. Spesso però si tratta di piccole realtà locali, artisti che non hanno modo di farsi conoscere e divulgare la loro esperienza e capacità. Ceramica, cesti, lavorazione legno, sughero, oro o cuoio che futuro avrebbero senza il turismo?

L’artigianato è tra i motivi di attrazione per i turisti italiani e stranieri che visitano il nostro Paese e che, per l’acquisto di oggetti artistici e tradizionali, e di prodotti agroalimentari, hanno speso nell’ultimo anno quasi 1.500 miliardi di lire. Il territorio è la materia prima, il turismo è il suo prodotto e l’artigianato, quindi, costituisce uno dei vari motivi d’attrazione per i turisti italiani e stranieri che visitano il nostro paese.

E’ foriero di sviluppo decentrato a forte valenza locale, è in crescita sostenuta (soprattutto nel mezzogiorno) e si connette con lo sviluppo delle infrastrutture, della logistica e del miglioramento dell’ambiente urbano e rurale.
Per l’artigianato il turismo costituisce un mezzo per comunicare su vasta scala le caratteristiche qualitative del prodotto/servizio realizzato, ed allo stesso tempo porta un notevole contributo all’immagine del luogo.
L’artigianato quindi contribuisce a formare ed a qualificare l’offerta turistica in quanto:


• è un attrattore turistico di per sé;
• opera fornendo servizi alla ricettività e all’accoglienza:
• contribuisce a trasformare il territorio in destinazione.

L’artigianato offre numerose motivazioni per soddisfare le esigenze del turista, in quanto permette di:

• conoscere i presidi culturali minori;
• apprezzare il paesaggio urbano o rurale, nei luoghi o nelle città;
• acquistare gli oggetti prodotti dall’artigianato artistico, i souvenir di qualità ed i prodotti di un’attività tipica distrettuale;
• acquistare e degustare prodotti di alimentazione tradizionale e tipici:
• visitare botteghe e siti produttivi (laboratori artigiani, raccolte agricole, piccoli porti);
• partecipare a manifestazioni tradizionali e folkloristiche come feste, fiere, sagre, mercati, processioni, funzioni religiose, giostre,  carnevali, ecc;
• fruire dei servizi alla persona dove risiedono gli elementi fondanti il carattere della popolazione ospite e miranti alla gratificazione ed alla personalizzazione del servizio.

Facendo perno su attività tradizionali come l'artigianato è possibile richiamare visitatori alla ricerca di un’esperienza più genuina, e favorire così un turismo più sostenibile e capace di valorizzare e arricchire la comunità locale.

ATTIVITÀ E ATTRAZIONI

  • escursioni di botteghe e laboratori artigiani
  • visite a mercati
  • visite guidate 
  • corsi artigiani
  • feste tradizionali

ALLOGGIO

  • Alberghi a tema incentrati su artigianato
  • Case a tema incentrati su artigianato

In altre parole una promozione congiunta aiuta a ridurre i costi, e si possono ottenere importanti sinergie promuovendo i rispettivi servizi.